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In Marocco non c’è il pane. Ramadan


In realtà il c’è pane, e quello che si trova nelle botteghe devo ammettere che mi piace di più di quello italiano. Si trovano delle pagnotte rotonde che hanno un sapore eccezionale, ma quello che voglio raccontare è altro. Come sanno tutti il Ramadan è il periodo dell’anno in cui i musulmani si astengono dal mangiare. Questo lo sapevo anche io ma avete mai provato a immaginare com’ è la vita nei paesi islamici in questo periodo? Appena si mette piede in Marocco, la prima cosa che colpisce è l’enorme numero di persone sedute o sdraiate per terra. La gente cerca riparo dal sole all’ombra di qualsiasi oggetto, sia questo un albero o un bidone della spazzatura.

La maggior parte della gente sta stravaccata tutto il giorno. Mi chiedo se la vita è così a causa del caldo, del Ramadan, è la combinazione delle due cose oppure qui è sempre così. Lo scoprirò giorno 20, quando finirà il periodo di digiuno e io sarò ancora in giro per il Marocco. 
Il Ramadan è il periodo di purificazione: per tutta la durata del giorno, fino al tramonto, si devono abbandonare i vizi terreni quali il cibo, il sesso o le sigarette. È indubbiamente una prova durissima, soprattutto quando il Ramadan cade nei mesi estivi e le temperature sfiorano i 50C°. Immaginate un marocchino al tramonto, quando sa che è ora di tornare a casa a dopo una giornata di digiuno.
Non appena arriva l’ora in cui è permesso mangiare la città si svuota: nel giro di pochi minuti tutte le migliaia di persone che affollano i mercati, tutti i marocchini passeggiano in mezzo alla strada incuranti del traffico, tutti i venditori, i mendicanti e le guide tornano a casa. Scompaiono pure i somari e i cavalli.
Veniamo dunque alla mia storia. Quello che sto per raccontare è successo ieri e, anche se avrei tante altre cose da raccontare, questa è passata in testa. Mi trovavo al Marjan, una nota catena di supermercati. Era quasi l’ora del tramonto. Il pane era finito e c’era gente in coda che aspettava che ne venisse sfornato dell’altro. La prima sfornata era già stata presa tutta e immediatamente altra gente si avvicinò al bancone in attesa della seconda, io insieme a loro. Eravamo una decina di persone dietro un bancone che ci separava dal forno. Dopo una decina di minuti il panettiere tirò fuori dal forno un carrello con il pane, si avvicinò a noi e ce lo buttò, sul bancone. Il pane era appena uscito dal forno ed era a una temperatura di quasi duecento gradi. Fu allora che la gente iniziò a dare il peggio –o il meglio di sé. Un’orgia di braccia e di mani che si aggrappavano al pane ustionante; tira di qua e tira di là la gente si scottava le mani pur di prendere una baguette da portare a casa. La gente aveva fame. Chi riusciva a prendere una baguette la metteva sotto al braccio, alcuni gliela rubavano pure da lì. Gli altri dovevano lottare tra di loro per accaparrarsi le poche baguette che restavano sul bancone. Il pane appena uscito dal forno è croccante e se due mani lo tirano in direzioni differenti si sa, si spezza; e quando il pane viene tirato da tre direzioni differenti si spezza in tre, quattro o cinque pezzi. Molte baguette erano irriconoscibili, dilaniate sul bancone. Quando sul bancone non rimasero che briciole la folla lo scavalcò, assalendo il panettiere e il carrello che trasportava il resto del pane. La folla ormai impazzita infilava le mani dappertutto cercando di conquistare il poco pane che rimaneva. Vedevo mani che afferravano il ferro incandescente dei vassoi per avvicinarsi il tanto ambito prodotto e subito ritirarsi con piccole conquiste. Io ero proprio in mezzo alla confusione, se non avessi scavalcavo il bancone sarei stato calpestato e poi portato a casa di qualche marocchino nella confusione, scambiato per una qualche forma di pane. Nel giro di qualche minuto il carico scomparve sotto i miei occhi divertiti. Io, novello gladiatore ho raggiunto un risultato inaspettato portando a casa una baguette a cui mancava solo la punta. La scena si è ripetuta ad ogni sfornata successiva. Mi sarebbe piaciuto poter scattare delle fotografie, ma il limite della fotografia è che se non si è preparati è impossibile cogliere attimi del genere. Spero di esser riuscito comunque a rendere l’idea. Alla fine i marocchini protagonisti della vicenda andavano via divertiti. Tutti tornavano a casa a mangiare: sia i vinti che i vincitori.



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