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Vi racconto un giorno

In nessun viaggio mi sono mai preparato, né fisicamente né a livello di attrezzatura; in compenso pensavo giorno e notte a cosa avrei fatto e a quello che di bello mi sarebbe capitato. Questa è la prima volta che parto per un viaggio che, per quanto breve possa essere, non è stato neanche preventivato.
Ho deciso di raccontare questa micro-avventura sia perché si è svolta esattamente nell'arco di 24 ore sia perché dal punto di vista emotivo è stata molto profonda.
La storia non è un romanzo con un finale spettacolare; posso dirvelo già ora: torno a casa alla stessa ora del giorno prima in cui sono partito, e finisce tutto come è iniziato, solo che dietro di me ho una storia nuova, 160Km in 24 ore e 10 ore in sella.
Dopo la parte finale del racconto, io, il protagonista, pedalo per il resto della giornata provando sensazioni simili raccontate nel corso della storia, fino a casa.

...Se il boscaiolo non si ferma ad affilare l'ascia...

Ore 14:00. Casa. Las Palmas de Gran Canaria.
E' da giorni ormai che il video Turin-Sahara è fermo, nonostante ci lavori la maggior parte del tempo in cui sto sveglio; sono insoddisfatto del risultato della bozza nonostante sia ai miei occhi che a quelli dei primi spettatori paia quantomeno accettabile, grezzo com'é.
Credo che dopo il primo docuracconto, Turin-Iceland, si sia creata molta aspettativa, cosa lecita, mettendomi però sotto una grande pressione, a volte così grande da essere ingiustificata.
Ed è così che per mandare avanti una passione e un progetto ti estranei dal resto del mondo, nonostante tu sia alle Canarie e fuori, a fine Novembre ci siano 27C° e potresti andare a prendere il sole o a fare surf invece che scervellarti davanti uno schermo.
La camera in cui lavoro sembra sia diventata più piccola del solito. I due monitor sono sempre lì, non si spostano di un millimetro. Lo stesso vale per le tavole da surf, lo skate e la bici. La bici, piccolo pezzo d'arredamento posto di fronte al letto una piazza e mezzo, reduce di un viaggio di due mesi e 4000Km; viaggio che m'ha portato fin qua, alle Canarie. Ha ancora le ruote sgonfie e il manubrio girato dopo il viaggio in aereo, la catena incrostata di polvere marocchina e la forcella sbiadita dal sole, anche lui marocchino. E' in disuso dai primi di Settembre, forse è ancora stanca, chi lo sa, visto che non l'ho più cavalcata non saprei dirlo; in tal caso sarebbe l'unico pezzo d'arredamento al mondo stanco.

Ore 14:02 Casa. LPGC
E' mentre mi mordicchio le unghie davanti ai monitor che mi accorgo di tutto ciò, gironzolando con lo sguardo per la camera. Mi alzo e decido di dare una  sistemata alla bici, così da "abilitarla" a una piccola passeggiata.
Non sono mai stato un fissato dell'ordine in casa ma anche io mi rendo conto che il soggiorno non è il posto migliore per lavare, sgrassare e oliare la catena; così prendo di peso la bici e la infilo nella vasca da bagno. Spruzzo sulla catena lo sgrassatore Mastro Lindo, poi mi lascio prendere la mano e inizio a spruzzarlo dappertutto, anche sulle pareti della vasca. Smonto la testa della doccia e con un dito sul foro del tubo, faccio uscire un getto d'acqua degno della migliore lancia dell'isola.
In pochi minuti del Marocco sulla mia bici non è rimasto niente, a parte la forcella sbiadita.
Decido di andare a fare un giro, per prendere una boccata d'aria visto che la mattinata l'avevo passata davanti al Mac senza raggiungere risultati eccezionali; la pentola era già sul fuoco per cui mi toccava aspettare un po'.
Mentre gironzolavo per casa mi accorgo che accanto alla bici c'erano le borse. Non avevo fatto caso a quel particolare fino ad allora. Se non fosse stato per la pasta che ancora era dura nella pentola, non avrei mai iniziato a infilare il sacco a pelo, una felpa e la fotocamera nelle borse.

Ore 14:15. Casa
Dopo aver mangiato di fretta la pasta scondita, butto giù per le scale le borse e, mentre rotolano, corro dietro a loro con la bici in mano ancora gocciolante. Sotto casa tremo.
Non ho niente da mangiare ma non c'è tempo e non ho voglia di gironzolare per gli scaffali del supermercato per fare provviste; non posso permettermi di perdere l'eccitazione che mi ha investito non appena ho iniziato a infilare quelle poche cose nelle borse, di perdere quella voglia di vivere, di partire, sensazione che non provavo da mesi.
Ed eccomi di nuovo in viaggio, se così si può chiamare.
Si che così si può chiamare. Che cos'è il viaggio se non quella cosa che prima di partire ti eccita così tanto da non farti capire cosa e perché stai facendo quello che stai per fare? Che mentre pedali, corri, acceleri, non vedi l'ora di essere il più lontano possibile dal luogo da cui sei partito? Si, ero in viaggio.
Sarei tornato un giorno, al massimo due giorni dopo, ma quella sensazione era lo stesso impareggiabile e, anche se fossi tornato la sera stessa, sarei stato soddisfatto.

Ore 14:20. Benzinaio
L'unica cosa per cui vale la pena fermarsi è gonfiare le ruote. La pressione data dalla pompa a mano non supera i 2 bar e per andare veloce come volevo le ruote dovevano essere ad almeno 7 -di bar, e così fu.
Schizzai via con le ruote gonfissime e senza nessun altro accorgimento, la catena era cigolante, i freni stridevano e il manubrio traballava, ma andava bene così.

Ore 14:30.  Las Palmas
Seguo la pista ciclabile che va al "Sud" è così che chiamano qui la parte sud dell'isola, quella in cui c'è sempre il sole, distante 60Km o poco più, un altro mondo nel loro piccolo universo.
 Non che il clima a Las Palmas sia male: da Wikipedia è definita come la città con il clima migliore del mondo e, oltre al fatto di poter andare a mare tutto l'anno, puoi... questo dice tutto.
Mi allontano dalla città in preda a un'euforia incredibile, spingendo sui pedali e saltando sul sellino, cantando e salutando i passanti.
Sapere che il limite del mio viaggio erano quei 60Km e che lì finiva la parte di mondo da me esplorabile, non mi faceva alcun effetto: ero contento di lasciare tutto dietro o qualsiasi altra cosa fosse, non importava dove stessi andando.

14:35. Plaja de la Laja
Inizia la salita su per un promontorio; a sinistra l'oceano sembra respirare. A tratti l'acqua è verde smeraldo. In lontananza ci sono delle navi cargo e tra queste tante piccole barche a vela; sono le ultime a partire per la traversata oceanica, i tempi sono maturi per loro.
A destra le macchine corrono di fretta lungo l'autostrada per la capitale dell'isola.

14:40. Fine della pista
Più passa il tempo e la strada sotto le ruote, più vedo la città allontanarsi dietro di me e più aumenta la voglia di andar via.
Dopo un belvedere, la pista ciclabile finisce ceca su un precipizio. Nessuna indicazione, nessun "ci scusiamo se abbiamo interrotto il vostro sogno".
Non c'era modo di tornare indietro e di cambiare strada; sarei dovuto scendere di nuovo in città e questo avrebbe fatto perdere il valore di tutto quello che stavo facendo.
Spingo la bici lungo un sentiero a fianco della carreggiata autostradale che si stringe sempre più fino a scomparire tagliato tra un precipizio di 200 mt e l'autostrada. Neanche attraversando il guardrail e la carreggiata avrei concluso niente perché al di là dell'asfalto c'è solo una montagna prepotente.
Di prendere l'autostrada, come mi è capitato molte altre volte, non se ne parla: la carreggiata andava in direzione "sud" era chissà dove; quella che stavo costeggiando era solo quella che tornava in città.
Torno indietro deciso e speranzoso. Mentre inizio la discesa, proprio nei pressi del belvedere, mi accorgo che la pista ciclabile continua per un sottopassaggio; scalo marcia e pedalo più forte di prima.
Mentre abbandono la luce del sole entrando in quella specie di tunnel, di cui non vedevo l'uscita, ecco che l'ipod inizia a riprodurre una delle mie canzoni preferite. Un momento meraviglioso del tutto gratuito. Mi sentivo come se stessi per entrare in un'altra dimensione attraverso un portale.
Dopo il tunnel sbocca fuori, per fortuna, e la pista diventa via via un sentiero, fino a scomparire del tutto. Mi inerpico su per una bella salita tra pietre, canali scavati dall'acqua nella terra e fossi. Finisco in un cantiere. Prima di invertire il senso di marcia e tornare sui miei passi, decido di vedere fin dove mi posso spingere, magari arrivavo da qualche parte -pensavo.

Ore 14:45. Via d'uscita.
Pedalo curioso lungo il cantiere e, una volta fuori, mi ritrovo in una grossa strada. Pedalando mi chiedo perché una strada così grossa finisca nel nulla e quale possa essere la sua futura utilità, visto che c'è già una strada grossa per la capitale.
Avanzo per un paio di salite, attraverso qualche galleria ed eccomi a una rotonda: Las Palmas (blu, autopista: autostrada) - Sur (blu, autopista). Mi sentivo punto e a capo, chiuso in un vicolo cieco.
Passa un tizio in una macchina e lo fermo per chiedergli indicazioni, deve essere per forza del posto.
-salve, devo andare al sud ma non mi va di prendere l'autostrada, sarebbe proibito
-c'è solo questa che va al sud
-e quanti chilometri di autostrada devo fare prima di poter uscire e proseguire fuori?
-una decina
-vabbè
-che fai?
-studio qui, sono arrivato a settembre in bici e oggi volevo fare un giro visto che c'era bel tempo
-vuoi un passaggio?
-si, grazie
Dopo aver abbassato i sedili posteriori e aver caricato la bici, sgommiamo via.
-grazie mille per il passaggio, scusa il disturbo
-ah, non fa niente. dove vai?
-voglio arrivare entro oggi a Maspalomas, domani forse torno o resto lì; (pausa) ma com'è possibile che la pista ciclabile finisca così e che c'è solo l'autostrada? Per andare al sud chi non ha la macchina che fa?
-da questa parte c'è solo l'autostrada; se da Las Palmas vuoi andare in bici, o fai quella strada o devi salire su per le colline e passare da Tafira e poi continuare su tutti i paesini: Telde ecc ecc. Io sono di Telde, siamo qui vicino, saranno 7Km, ti lascio in un posto da dove puoi continuare.
-hai una cartina, ragazzo?
-no - e sorrido
il tizio inizia a ridere, poi mi unisco anche io
(dopo qualche minuto)
-Eccoci qua, questa è casa mia, tu devi continuare per di la scendere, girare dopo il collegio (ecc ecc inizia a spiegarmi l'itinerario per qualche minuto). Vuoi salire per un caffé?
-Ehm no grazie, ho fretta.
-Allora, scendi, vai al collegio, dove c'è la casa rosa, sali su per una strada dove ci sono tanti cavi, poi arrivi a Ingenio e Aguimes e continui al Sud, non è difficile.
Dopo aver congedato il gentile signore, riprendo la mia strada, 7 Km più vicino alla fine del mondo.

Ore 15:05. Telde
Telde è un paesino anonimo vicino la capitale, ci metto poco a lasciarmelo dietro. Non ho idea di quale strada mi abbia suggerito il tizio e proseguo a intuito.
Ogni volta che qualcuno mi da indicazioni, per quanto dettagliate possano essere, mi perdo dopo il secondo incrocio durante la spiegazione e così smetto di ascoltare; credo che se anche lo capissi, non ricorderei niente una volta in marcia.
Seguo una strada che credo sia giusta.

Ore 15:30. Ingenio e Aguimes.
Continuo a pedalare lungo una strada provinciale anonima dove ci sono solo io, in paesaggio vulcanico e lunare. Tutte le isole di natura vulcanica più o meno hanno lo stesso aspetto: aride e selvagge; che si tratti dell'Islanda o di Gran Canaria. Paesaggi lontani migliaia di chilometri offrono sensazioni simili, temperatura a parte.
Pedalo e pedalo.
A Ingenio mi fermo a comprare un dolce e un succo di frutta all'ananas che quando lo apro non fa click e ha un sapore strano.
Pedalo  e pedalo.
Aguimes è un altro paesino anonimo perso tra le colline di Gran Canaria. C'ero stato una volta sola, per la Fiesta del Gofio, una festa di paese dove ci si tira tonnellate di farina di mais e tutti ballano musiche popolari bianchi in faccia, con i vestiti pieni di farina e le pance gonfie di vino.
Aguimes adesso era morta come tutti gli altri paesi dell'entroterra di una terra che ha poco più che l'oceano.
Pedalo e pedalo.

Ore 17:00. Discesa
Da Auguimes parte una lunga discesa che porta fino al mare. Avrei finalmente intercettato una strada che costeggia l'autopista fino alla mia meta. Il sole è ancora caldo ma tra un paio d'ore mi avrebbe lasciato in pace, tramontando.
Scendo giù per la ripida discesa (scende di 300mt in tre Km) pedalando come un folle e cantando, come un folle. Scivolo giù per la collina alla divertentissima velocità di 66Km/h.

17:30 Cruce de Arinaga y Vecindario.
Finalmente al livello del mare, finalmente pianura e rettilineo. Attraverso un altro agglomerato urbano, stavolta c'è aria di festa: c'è tanta gente in tiro; sembra si stia sposando qualcuno di importante ma a me non interessa e filo via.
A Vecindario, un altro piccolo paese quasi attaccato a Cruce de Arinaga, quello della gente in tiro, finalmente decido di fare la spesa. L'eccitazione è quasi passata, mi sono rimaste solo le idee annebbiate e la voglia di continuare.
Sono quasi le 6, è rimasta poco meno di un'ora di luce, mezz'ora al tramonto.
Ho percorso 40 Km ma ne mancano 30 o poco più per raggiungere Maspalomas.
Al supermercato compro del pane, del salame e qualche banana, poi chiedo alla cassiera indicazioni. Appena scopre che sono in bici fa una faccia incredula come se le avessi detto di essere il suo vero padre. Mancano solo 20Km e fai quella faccia?
C'è tanta gente che non ha la cognizione delle misure o più in generale della vita; questa volta si potrebbe fare un'eccezione, ma non la faccio solo perché sono solo 20Km.
La gente di quest'isola è nata, cresciuta e probabilmente morirà in uno scoglio in mezzo all'Atlantico dal diametro di 50Km. Per loro una camminata di 20 minuti è "distante"; andare in bici per 20Km è "distante"; fare il giro dell'isola in un giorno solo -in macchina- è "distante". Come biasimarli?

17:45. In strada
Pedalo e mi allontano dalla città senza avere la minima idea di dove passare la notte, ma la cosa non mi preoccupa molto. Mi sento sempre a mio agio a vagabondare e bivaccare in un posto al mare. Qualsiasi spiaggia si può rivelare tranquilla e accogliente. Mi sento i9nvece impaurito e divento molto più esigente quando si tratta di dormire in un posto che non è "a mare".
Inseguo il sole con la bici, un sole grosso, sempre meno caldo ma estremamente affascinante. Regala toni di colore degni di versi in rima baciata a tutto il cielo. Arancione chiaro, più scuro, amaranto, rosa, viola e rosso. E più su, dall'altra parte, il cielo è indaco.
La luna sorride, quasi trasparente, dall'altra parte. Si daranno il cambio fra poco, e mentre l'uno scomparirà all'orizzonte, l'altra diventerà sempre più luminosa.
Sorride, la luna, e si prenderà cura di me.
E' proprio questo il momento che avevo intenzione di vivere: un momento che dura solo qualche minuto, dove tutto è fermo e la strada è ancor più bella.
Il viaggio lo immagino sempre così.
C'è solo una sola occasione al giorno per vivere un momento del genere, e io ero lì, ad attraversare quella luce così perfetta in un momento di pura estasi. Ero in strada.

Mi ero dimenticato di quella sensazione, o della sensazione di sfrecciare attraverso il vento, perfettamente in silenzio eccetto il sibilo delle ruote sull'asfalto.
Mi ero dimenticato delle mie borracce con un buco riparato con la colla,
delle facce della gente che ti guarda sbalordita perché hai un bagaglio sulla bici,
della faccia sporca,
dello sguardo provato;
mi ero dimenticato com'era il mal di schiena, il mal di sedere,
di come picchia il sole,
di quanto fosse faticoso spingere la bici su per le salite,
di quanto fossi contento nel non sapere dove io fossi, quando fossi e perché fossi
mi ero dimenticato di essere libero e di poterlo sempre essere.


18:30. Casa.
Non sono arrivato. Del resto non ho una destinazione ben precisa; quello che volevo fare l'avevo fatto ed sono abbastanza soddisfatto. Vedo una bella spiaggia di sassi e scendo lungo il sentiero di terra rossa e sabbia che porta lì. Il sole è già tramontato ma c'è ancora un po' di luce. Davanti a me la spiaggia finisce in una scogliera, dietro, il cielo è una cornice rosa.
La spiaggia è di sassi neri e su parte della lunghezza ci sono delle costruzioni a secco in pietra  circolari. Credo siano dei pescatori che le usano per riparsi dal vento.
Pedalo fino ad arrivare alla scogliera, lì c'è una coppia sui 50 con un furgoncino e una tenda. Senza salutare li supero, lascio la bici e mi arrampico sulla scogliera fino ad arrivare a un'altra spiaggia nascosta e quasi inaccessibile. Un posto perfetto, al riparo da tutto; bastava prendere prima le bici e poi le borse e portarle lì.
Tornando indietro, noto che la scogliera, grazie alla poca luce rimasta, sembra brillare di una luce propria; sembrava di essere su un altro pianeta vista l'assurda tonalità arancione.
Mi fermo a parlare con la coppia.
-buona sera
-ciao!
-è tranquillo qui?
-si non ci sono problemi
-quelle costruzioni sulla spiaggia sono dei pescatori vero?
-no è della gente che si prende il sole al riparo dal vento
-va bene, credo che dormirò in una di quelle
Mentre do loro le spalle per andare via, il tizio mi chiama ancora:
-ehi ragazzo! stai solo attento, di notte, se vedi delle arrivare macchine in spiaggia e movimento in acqua, vai via, potrebbero essere dei contrabbandieri. Allontanati perché a loro non piace avere compagnia.
- d'accordo, lo farò.
Ed eccomi finalmente a casa: una piccola struttura circolare di pietre messe assieme che mi riparano dal vento; il mare a pochi passi e un cielo i cui colori sfumano via via verso intonazioni più scure. La cosa che mi piace di più è che fino a pochi minuti prima non avevo idea di che aspetto avesse il posto in cui mi sarei rifugia, solo incertezze e punti interrogativi.
Ceno con un paio di panini e qualche banana e alle 7 è già buio, posso dormire.
Credo che seguire il ritmo naturale della giornata sia una cosa che fa bene sia al corpo che all'organismo: non è una forzatura e per di più d'altronde non c'è molto altro da fare.
Non ho portato con me la tenda: volevo l'esperienza più completa e intensa possibile visto il poco tempo a disposizione: libero, veloce e leggero, come ho sempre desiderato essere. Meno cose hai, di meno cose avrai bisogno. Ed ecco che ho subito capito quanto fosse diverso e quanti problemi e stress mi causassero tutte le cose inutili (seppur la mia attrezzatura fosse ridotta all'osso) che ho portato in Marocco. Avrei potuto evitare di portare: il caricabatterie solare; lo stabilizzatore per la videocamera (2Kg); un bastone telescopico (mai usato) per le riprese (trovo più lasciare la videocamera a terra o su una superficie naturale piuttosto che montare e smontare il treppiedi; (le inquadrature risultano più reali)). E tanta altra roba inutile. Ho capito come deve essere il mio prossimo viaggio.
Ed eccomi là, a casa: sotto una coperta di stelle, su un materasso di...sassi.

Dalle ore 19 alle 24
Dopo cena cerco una posizione comoda per addormentarmi, i sassi non sembrano troppo scomodi: sembra essere una superficie piuttosto uniforme. Scivolo in un sonno pesante quasi subito e quasi subito mi sveglio sudato e infastidito. Forse non abituato a dormire fuori o a dormire fuori alle 7 di sera o lo stomaco è troppo pieno. Sicuramente il mio corpo ha interpretato una cosa del genere come un pisolino fuori programma sul divano, la sera.
Cerco di prendere sonno con il solo risultato di innervosirmi. Capisco poi di non dover forzare una cosa così naturale e mi fisso a guardare le stelle. Sapevo anche che sarebbe durata poco quella libertà e che dovevo assorbirne il più possibile quel fascino infinito.
Poi mi addormento senza accorgermene.

Ore 2:00. Porco cane
Dormo quasi bene, coccolato da una leggera brezza e dallo scroscio dell'acqua sui sassi mentre una luna vivissima fa scintillare i sassi e l'oceano.
A un certo punto sento dei passi veloci; mi tiro su e vedo un cane che mi osservava. Non aveva capito cosa fossi, credo mi vedesse come una mummia, lì dentro il sacco a pelo, finché non mi tirai su. Ho capito che era spaventata, e non so da cosa ma mi ha dato l'impressione di essere femmina.
Lascio che si allontani senza fare niente e mi rimetto giù.
Dopo qualche minuto mi alzo e vedo passare alla velocità della luce una cosa non ben identificata; dal colore sembrava fosse un coniglio. Mai visto niente di più veloce.
Dopo mezz'oretta sento ringhiare vicino.
Se un cane è da solo difficilmente attacca; se sono in due si sentono un po' più forti, ma se sono in tre o quattro, sicuramente si sentono imbattibili. Ne ho contati quattro e tutti ringhiavano e abbaiavano verso di me. La prima cosa che mi sono chiesto è cosa possa averli infastiditi.
Mi alzo lentamente e inizio a gridare e a scuotere la pompa della bici, minaccioso, avanzando. Prendo due sassi e inizio a sbatterli facendo più rumore possibile, senza mai smettere di fare versi assurdi e ridicoli con la bocca. Poi, mentre scappavano, per aumentare il conto e per essere sicuro che non ritornassero, tiro loro qualche pietra e me ne torno a dormire salutato da una stella cadente.
L'adrenalina mi ha fatto passare il poco sonno che avevo e da allora in poi ho dormito un sonno leggero e agitato, intervallato da continui risvegli. Il materasso di sassi sembrava sempre più scomodo.

Ore 6:30. Buongiorno topastro.
Dopo la notte più scomoda, umida e agitata da lì a qualche mese indietro, ecco che iniziava un altro fantastico giorno.
Il sole non aveva ancora fatto capolino ma il cielo iniziava a illuminarsi. Forse dormivo, non ne ero sicuro, ma ho sentito qualcosa muoversi. Apro gli occhi e cerco di stare più fermo possibile. Con la coda dell'occhio vedo un buffissimo topastro che, a meno di un metro dalla mia faccia, stava cercando di rubare un pezzo di pane.Era piccolo come un pugno, era seduto sul soffice culo e aveva una faccia dispettosa e allegra, con le orecchie rotonde tese. Sembrava felice. Mentre mi guardava cercava di portare su per i sassi un pezzo di pane troppo grande per lui e scivolava continuamente giù. Poi ha capito che mi ero accorto di lui e si è subito infilato in una intercapedine a nascondersi, senza evitare di squittire o di fare altri rumori, come per ricordarmi della sua presenza.
Decido darmi una mossa e mi preparo a partire.

Ore 7:00. Partenza
Mentre sto per lasciare l'accampamento vedo il sole sorgere. Decido di fermarmi ancora qualche minuto per salutare chi mi avrebbe fatto compagnia per tutta la giornata.
Riprendo la strada ancora un po' addormentato e senza forze, con lo stomaco vuoto. Il caldo è già insopportabile. Alla meta mancano 20 Km e sono contento di essere in strada.

Ore 8:00. Arrivo. Maspalomas
Ed eccomi finalmente arrivato. Non c'era niente di speciale, non era una meta degna di esser chiamata tale, solo la fine dell'isola, da lì in poi si ritornava indietro.
Non ero contento di trovarmi lì. Il posto è popolato da un numero incredibile di turisti, con tutto ciò che comporta: ristoranti, residence, alberghi di lusso, autobus, cose futili e frivole e -cosa che odio, truccatrici, massaggiatrici, gente che fa le treccine e venditori insistenti. Tutto questo per gente meritatamene in vacanza; tedeschi in pensione per lo più.
"Sai già dove andrai a finire. Uno pensa: ah, è finalmente in pensione. Bastardo si fa due settimane di ferie ogni tre mesi alle Canarie..."
Tutto è studiato per loro: le insegne sono tradotte in diverse lingue, le passerelle confortevoli e tutto è a portata di mano. Hanno quasi rovinato le bellissime dune lì a fianco. Per fortuna la maggior parte di loro sono sovrappeso e senza voglia per cui solo pochi si addentrano nel parco protetto, preferiscono stare in panciolle sulle sdraio sotto il sole.
Mi fermo un po' con loro sulla spiaggia a leggere Bettinelli e a riposarmi un po'. Il programma era stare ancora quel giorno in giro, magari proprio lì sulla spiaggia, dormire e l'indomani ripartire verso casa. C'era però qualcosa che mi prudeva, che mi agitava.
Mentre spingo sulla sabbia la bici, penso a quanto io sia frettoloso, impulsivo e a volte incosciente, penso che questo modo di essere nella vita mi ha fatto fare tante cose azzardate, spesso inutili o pericolose, ma che mi ha sempre portato in posti fantastici e mi ha fatto vivere sensazioni mai provate, mi ha fatto conoscere gente meravigliosa e m'ha permesso di imparare cose che nessuno né prima né mai mi avrebbe mai insegnato. Penso che sarebbe impossibile cambiarmi, e sarei stupido se ci provassi.
Mi sento stanco ma decido comunque di andare, non so se avrei avuto la forza di arrivare ma in quel momento avevo solo voglia di andare via, ancora, appena arrivato.

Ore 9. Di nuovo in strada 
Inizio a pedalare nella stessa direzione da cui ero venuto neanche un'ora prima.
Pedalo e pedalo, forse sto tornando a casa, ancora non so. Ho solo voglia di fare così, ho voglia di non aver voglia, di lasciarmi trasportare da pensieri casuali che in qualche modo influenzano anche l'itinerario. Penso ma in realtà non penso.
Nel frattempo sono quasi arrivato nella spiaggia in cui avevo dormito, sto per arrivare in cima a un piccolo promontorio ed ecco che l'ipod inizia a riprodurre questa canzone...

Pedalo, mi sento bene, sono libero, dietro di me solo una strada deserta, il sole e l'aria perfettamente limpida.
Sono sull'oceano, dei pescatori pescano, e mentre pescano degli uccelli giocano in aria, e sempre in aria un piccolissimo aeroplano ha appena iniziato il suo volo. E io sono lì, e faccio parte di questo quadro meraviglioso. E io ero a casa e stavo per perdermi quel momento, ma tutto è ora perfetto, non ho niente e non c'è bisogno di niente. Tutto si muove esattamente come dovrebbe muoversi, non c'è niente che vada cambiato.
Musica. E' musica, perfettamente musica.
E in questo mio personalissimo momento di sincera commozione, con la pelle d'oca, gli uccelli continuano a volare, le onde a scrosciare, i pescatori a pescare, la strada, il sole, l'aeroplano sono tutti lì, coordinati alla perfezione e...
Gli uccelli, le onde, i pescatori, la strada, il sole, l'aeroplano.
Gli uccelli, le onde, i pescatori, la strada, il sole, l'aeroplano.
Gli uccelli, le onde, i pescatori, la strada, il sole, l'aeroplano.
E io.
E insieme facciamo una musica.


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7 commenti:

  1. A parte che ho gli occhi lucidi, ma questo è dato principalmente dall'emotività, bisognerebbe lasciare tutto così senza aggiungere commenti, che risulterebbero effimeri e scontati. Ho scritto qualcosa di simile una volta, ma l'unica cosa che accomunerebbe i due racconti sono solo una spiaggia, il mare e la solitudine nella sua accezione positiva. Quando ti senti completo senza in realtà avere niente se non te stesso e quello che ti circonda e quando poi, sentirsi completi non è nemmeno così importante. Spettacolo.

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  2. bravo gabriele. Che vogli di partire mi hai fatto venire.

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  3. Davvero bello!!! Come sempre schietto e spontaneo.

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  4. Anche a me hai fatto venire voglia di partire! Grande Gabriele!

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  5. "E' proprio questo il momento che avevo intenzione di vivere: un momento che dura solo qualche minuto, dove tutto è fermo e la strada è ancor più bella":

    Siamo in due parti del globo cosi' diverse, cosi' distinte, ma paesaggi diversi ci evocano sensazioni simili:

    http://lorenzofracastoro.blogspot.com/2012/11/me-myself-and-i.html

    "Niente al mondo è meglio dello spettacolo a cui io assisto, solo, in questo angolo di mondo."

    Tu sei l'unico ad aver vissuto questa particolare esperienza, ma in ogni istante c'e' in un'altra parte del globo un Saluci che si strugge davanti al sole e la luna e i colori del cielo.

    Non dura che un minuto, ma ci fa capire molto della vita:

    « Ognuno sta solo sul cuor della terra
    trafitto da un raggio di sole:
    ed è subito sera. »

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  6. m'hai regalato un bel quarto d'ora!!!
    attendo con ansia il video!!!!

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